La memoria dell’amore

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… ma dov’è il tuo amore, dov’è finito il tuo amore…
… domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole
ma dov’è il tuo cuore, ma dove è finito il tuo cuore.

….E’ un rifugio quel malessere,
troppa fretta in quel tuo crescere.
Non si fanno più miracoli,
adesso non più.
…Ti darei gli occhi miei,
per vedere ciò che non vedi.

… la risposta alla risposta non vera
che ognuno è solo nel cuor della sera

… nel continuo disperarci che c’è in noi
io so per sempre che tu ci sei

… dell’amore non si butta niente

…. l’amore è carte da decifrare
e lunghe notti e giorni da calcolare
se l’amore è tutto segni da indovinare
perdona
se non ho avuto il tempo di imparare .

… Io resto qui
mettendo a rischio i giorni miei
scomodo si
perché non so tacere mai…

…Io sono là,
dove è sempre stato l’uomo,
viaggiatore vincente
del suo dolore,
nel teatro dove non recita,
ma vive le parole…

…alla fine della notte
nei colori del silenzio
c’è una casa di farfalle in mezzo al vento.

….e lascio uno spiraglio alla mia porta,
solo quando vieni, fallo con l’amore di una volta
.

(Hotel Supramonte, Fabrizio De Andrè
Nei giardini che nessuno sa, Renato Zero
Sei nel mio cuore, Roberto Vecchioni
Canzoni e cicogne, Roberto Vecchioni
Cardiologia, Francesco De Gregori
Carte da decifrare, Ivano Fossati
Cercami, Renato Zero
Esodo, Roberto Vecchioni
Casa di farfalle, Roberto Vecchioni
Io non appartengo più, Roberto Vecchioni)

La vita è un passo di tango

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Mio caro web,
alla fine ho sciolto il nodo.
Gli ultimi post sono le canzoni degli ultimi due album di Roberto Vecchioni, il mio cantautore preferito, il mio professore, o meglio, quello che avrei voluto avere. L’ordine è quello di chi vuol lasciare qualcosa prima di chiudere, un testamento spirituale perchè ormai è deciso: il mio diario virtuale termina qui.
E’ stata una bella esperienza, non lo nego, ma non mi appartiene, io sono una persona discreta, silenziosa, eppure sono felice di aver condiviso. A volte nella vita bisogna provare ciò che non ci appartiene e farne anche tesoro per riscoprire che essere se stessi è l’unica strada per stare bene. Continuerò a scrivere il mio diario, il diario segreto che prima di morire darò alle fiamme oppure lascerò ai miei figli, e solo a loro, perchè capiscano meglio chi è la mamma. Io la mia l’ho capita veramente a 40 anni quando chiesi a Dio un po’ di tempo ancora per dirle tutto ciò che non le avevo mai detto, il tempo me lo diede, un miracolo segreto e non smetterò mai di ringraziare. E proverò, si proverò a scrivere un romanzo…
Chiudo qui perchè in questo mondo virtuale non mi ritrovo, scrivere chiede tempo, un tempo che sottraggo ai figli, agli amici, a Dio. Sono tante cose: donna, madre, consulente, imprenditrice, amministratrice… mi chiedono spesso come faccio: un po’ di organizzazione e l’aiuto di Dio, i carismi non vanno sprecati e la scrittura non è il mio.
Sono piena di difetti e ho fatto errori, ho un carattere non semplice, amo le cose concrete: due occhi in cui guardarsi, una mano da stringere, una bocca da guardare nella bellezza in cui il tutto accompagna le parole e ascoltare.
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Io non appartengo più

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Io non appartengo più alle cose del mio tempo,
non mi riconosco più, lì nascosto dietro un canto.
Non mi basta nemmeno il cuore per giustificare, capire, sentire, immaginare.
Non mi basta la forza degli occhi per voltarmi e non guardare.
Io non appartengo più quando un uomo è clandestino,
di una nave senza rotta già segnata dal destino.
Io non appartengo più ai borghesi, agli inciuciai, alle banche, ai cazzinculo e mi scuso,
ma c’ho pure il dubbio che sia perfino Dio un refuso.
Sono sveglio dentro un sonno di totale indifferenza,
che persino tra le gambe mi si è persa la pazienza.
Io non appartengo al tempo del delirio digitale,
del pensiero orizzontale,
di democrazia totale.
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Incipit

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Quella mattina il vento soffiava leggero, ricordava una carezza ricevuta tanti anni prima e la sensazione era quella, che qualcosa di meraviglioso ed eterno stesse per accadere, un appuntamento atteso stesse per svolgersi in quella giornata di sole, umida di mare e di sale.
Seduta sulla sedia a dondolo Stella contemplava la calma piatta del mare increspato appena da qualche onda che più che infrangersi sugli scogli sottostanti, li baciava. I pensieri frammisti ai ricordi si perdevano sulla linea dell’orizzonte lasciando vagare la mente da una parte all’altra. Il cuore sussultava alternando movimenti ritmici e veloci a momenti di estrema calma in cui sembrava fermarsi per stentare a ripartire. Da qualche giorno si sentiva stanca, una settimana prima il cuore aveva deciso di rallentare e se quella sera non ci fosse stato Alexandro chissà forse si sarebbe fermato. Aveva visto il volto del figlio preoccupato, lo aveva sentito telefonare al collega cardiochirurgo, prendere un appuntamento imminente, la faccia seria, tirata, che aveva perso improvvisamente il sorriso ereditato, quella luce scritta nel DNA da un dio fedele e munifico verso chi ha un cuore in ascolto. Poi la visita e, al solito, come sempre fanno i figli, parlano un linguaggio che non comprendi e dicono bugie, consapevoli che ancora una volta li sorprenderai come quando da ragazzini rubavano la marmellata. In fondo anche tu raccontavi bugie, quando erano piccoli, per negare una realtà che non potevano comprendere o che, troppo dolorosa, era meglio non comprendessero in un’inutile difesa dalla vita che ti saggia, prova, vaglia in un continuo saliscendi fra paradiso e inferno. Ma accade, accade che a un certo punto i ruoli si invertano e i figli diventino genitori ansiosi, molto più di quanto lo sei stato tu quando erano piccoli e non gli pare vero che finalmente potranno rimproverarti, prendersi la rivincita su te, ma quella volta Alexandro non disse parola ma aveva un’ombra nello sguardo, un’ombra che ti fa comprendere che quegli occhi non li vedrai ancora a lungo, non ti ci specchierai per molto tempo ancora. Ma Stella non perse la serenità ne il sorriso, si arriva ad un certo punto in cui si diventa consapevoli dell’eternità, si crede di essere immortali e forse lo si diventa, è come al momento del parto: il corpo genera endorfine che fanno da anestetico per non sentire tutto il dolore con cui si nasce e si dà la vita. E’ come se Dio ti concedesse un tempo per cambiare, per ricordare, riparare… prima di rivolerti con sé come una madre che ti lascia vivere e giocare ma giunta la notte, ti ricorda che devi tornare a casa, la cena è pronta e lei ti sta aspettando per vivere attimi indimenticabili fra una favola, il rimboccarti le coperte, le carezze e l’ultimo bacio della sera. Arriva un tempo in cui si viene partoriti nuovamente e si nasce a vita nuova, ci si prepara allora, ci si mette in posizione e si attende il momento giusto per la spinta. Si avverte uno strano brivido ma non ci sono più dubbi, si può solo andare avanti e sopravvivere in un mondo che non si conosce ma si è a lungo studiato sulle carte del tempo, dello spazio e del cuore, sul libro della fede, smisurata, titubante fede, con la forza innata di esplorare ciò che non si conosce e fare quel salto nel vuoto che produce adrenalina come quando vai sulle montagne russe e ti trovi la discesa, il cuore si ferma, il respiro cessa, lungo la colonna hai un brivido misto di paura e piacere e quella smisurata voglia di riprovare a lanciarti nell’ignoto/noto della vita e oltre.

Stella Maria.

Questo è l’ennesimo incipit per un romanzo che vorrei scrivere e credo che stavolta sia la volta buona, il giusto inizio.

L’amore mio

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E si svegliò
di un soffio impercettibile
che appena appena
se ne accorse il cuore;
e vide il mondo,
fino allora incomprensibile,
avere finalmente un senso
nelle tue parole…

e s’inventò la forza
di venirti a prendere
e reggerti ubriaco
sulle scale:
la tenerezza
di vederti piangere,
stringendoti
per farti addormentare:
che pensarlo al di fuori di noi
non è possibile:
per come l’hai voluto tu
e lo difendo io
l’amore mio.

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La casa delle farfalle

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Alla fine della notte
di ogni guerra in ogni tempo
c’è una casa di farfalle in mezzo al vento

c’è una casa che ho sognato
proprio quando mi han colpito
e mi sono detto è tutto qui il dolore.

ma ora sento un grande caldo e un grande gelo
e chissà perchè mi brucia tanto il cuore

fammi ritornare a casa mia
madre non ricordo più la via.

Fammi ritornare in tempo per Natale
tempo per raccogliere le viole.
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Il nostro amore

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Il nostro amore è il sole dell’inverno
è il pianoforte di un motivo eterno
l’ultimo principe il primo servo
l’occhio del cane che ha capito già
è un giorno immobile di un cielo verticale
la stanza chiusa della verità
è l’amnesia, l’argenteria
l’odore della pioggia, quando se ne va via
è l’inferno degli altri, la nostra assoluzione
è la campana della ricreazione
e poi e poi e poi e poi

IL NOSTRO AMORE È L’ALLEGRIA DEL TEMPO
È L’UNIVERSO CHIUSO IN UN MOMENTO
STRINGILO FRA LE MANI NON LE RIAPRIRE MAI
IL NOSTRO AMORE STA SOGNANDO NOI
NON FARLO PIANGERE NON LO SVEGLIARE MAI
FINCHÈ CI SOGNA SIAMO VIVI SAI

nascondilo agli occhi di chi vuol fargli male
insegnagli a sorridere, a imitarci, a sognare
consolalo le notti che non ci sono stelle
fallo correre quando non sta più nella pelle

tu puoi TU PUOI tu sola PUOI (puoi)

(Roberto Vecchioni, da Chiamami ancora amore)